dislessie di un giovane tecnologicamente provato

2005-10-21

guttalavor in pillole: un post dagli effetti collaterali

leggere attentamente il foglietto illustrativo. non assumere al di sotto dei 12 anni. tenere lontano dalla portata dei bambini. non leggere prima di un viaggio in auto: potrebbe causare violenti colpi di sonno,secchezza delle fauci, dispnea e diarrea fulminante.

Il post che sto scrivendo rientra tautologicamente nel merito di se stesso. Senza nessuna pretesa di diventare un alberoni del cazzo, mi sono partiti mille thread in testa dopo aver letto le prime pagine del libro di “Le cose dell’amore” Umberto Galimberti e, guardaunpo’, ho deciso di brain(post)stormarli qui (sono un feticista del neologismo traslitterato).

al lettore: dopo il presente exploit certamente non ben scritto, buttato lì e molto incompleto per ovvi motivi di tempo e capacità personali il tenore del blog tornerà alla minchioneria usuale.

Senza ulteriori indugi di sorta mi lancio nell’arena.

“Nelle società tradizionali, da cui la tecnica ci ha emancipato, vi era poco spazio per le scelte del singolo e la ricerca della propria identità. […]l’amore non sanciva tanto la relazione tra due persone, quanto l’unione di due famiglie o gruppi parentali che, attraverso il veicolo dell’amore, potevano acquisire sicurezza economica, forza lavoro per l’impresa familiare, avere eredi, assicurare il possesso esistente, ampliare il patrimonio e il prestigio.” [1]

In una società emancipata dalla tecnologia invece, le relazioni sentimentali, l’amore, il matrimonio, diventano in qualche modo l’unica (o quasi) espressione personale, autentica, assoluta (ab - solutus, sciolto da) in cui non si è obbligati a sottostare al sistema che impone uno stile di vita, che obbliga ad essere come l’apparato vuole. Per cui amore e realtà sociale diventano piani ortogonali disgiunti che si incontrano nelle persone che li vivono ma che
divergono nelle direzioni. Da ciò l’amore o il sentimento sociale tendono a fornire il senso della vita secondo la scelta dei piani di valori dell’individuo.

Da quanto detto si evince anche come l’emancipazione tecnologica releghi comunque le persone nell’anonimato: quando il confine del proprio comune non delimita più il mondo scibile ed esperibile, quando in meno di una giornata sei a NY, quando le notizie sono mondiali (anzi worldwide) quando il numero di persone che partecipa all’informazione globale non è dell’ordine delle centinaia ma dei due miliardi (o forse meno perché gli altri quattro non li caga nessuno), beh allora la persona diventa un granello di sabbia della costiera romagnola. La distruzione del riconoscimento sociale dovuta all’allargamento dell’orizzonte non può esimersi dal creare idiosincrasie di massa e tentativi di superamento delle stesse.

L’uomo è adattivo e in quanto tale cerca di sfuggire alla morsa dell’inesistenza da conformismo più o meno consapevolmente. Il primo modo per affermarsi socialmente si è detto essere l’amore. Esso costituisce la realizzazione del attraverso il sentimento dell’altro vissuto come testimonianza della propria esistenza, unicità, importanza a prescindere dagli scopi materiali della società come ad esempio ai meccanismi economici dell’interesse; il tentativo è di tornare ad una purezza originaria ed ai valori maiuscolati. Particolare irrilevante: non dovrebbe funzionare così. L’amore dovrebbe essere finalizzato all’altro e non certamente all’autoaffermazione o alla ricerca del sé.

Sulle ripercussioni nella coppia di tale dispercezione non mi addentrerò dato che se qualcuno è arrivato fin qui si trova già a quota “gk cento gocce di guttalax prima di andare”.

Ma oltre all’amore l’affermazione sociale della propria esistenza ha cominciato a fluire in modo molto minore tramite altri canali. Un esempio tra tutti la televisione. Chi appare in televisione non è più anonimo, lascia un segno perfettamente riconoscibile nella società e fanculo ai sepolcri foscoliani. Apparire (in tv) ed esistere (certo solo nel tempo necessario ad essere fenomeno mediatico) diventano sinonimi. A suffragio citerò unicamente un famoso poeta dialettale molto amico di bob dylan che disse “Qui non sei, non sei nessuno/qui non si esiste più/se non si appare mai in tv” [2]. (qui l'argomentazione quanto il mio tempo ma non rompete.)

Evolvono i media, evolvono i concept televisivi e sempre più viene colta la necessità di entrare nelle case degli italiani ed aggiungere a quei tubi catodici altrettanti riflettori e telecamere perché ognuno di noi vuole esistere e solo in pochi sfondano. E Maurizio Costanzo fa più ascolti intervistando il pubblico in sala più che gli ospiti sul palco e suo marito dà voce ai ragazzi della strada stigmatizzando il vissuto sentimentale di cui sopra. La summa del trend ivi descritto (e qui nanni moretti mi schiaffeggerebbe) si coagula nel format del reality. Gente ignota che per il solo fatto di entrare sotto vetro nella casa del pubblico diventa eroica poiché ammantata del coraggio di essere protagonista mantenedo ancora la veste non artefatta dello spettatore ed in cui ci si può identificare al 100% in quanto persona comune (o almeno così millantato), simbolo di speranza per tutti i granellini di sabbia di riccione che vogliono finalmente esistere catodicamente.

Il broadcast televisivo continua a non bastare. Se milioni sono gli aspiranti catodicizzati solo centinaia sono coloro giungono alla scintillante meta; inoltre molte persone non considerano tale strada come percorribile per svariate quanto ovvie ragioni.

Il problema del vuoto esistenziale rimane. La globalizzazione, prima causa dell’anonimato da conformismo, fornisce anche una prima soluzione al problema: internet.
Il nuovo medium per eccellenza ha da poco cominciato ad entrare nella cultura di massa (in concomitanza al finto bum economico della niueconomi) e finalmente è giunto ad un livello di maturità tale da trasformarsi in un mezzo di comunicazione integrante ed irrinunciabile, un fenomeno di trasversale finalmente retaggio di molti e non solo terra di pochi nerd brufolotici.

Internet nasce nell’anarchia e nello scollamento schizofrenico fra mondo reale e virtuale. Passando tramite il concetto elitario di cultura informatica che finalmente viene decorato di un’accezaione positiva, interdent si apre all’interazione con il grande pubblico attraverso le community ovvero gruppi di persone geograficamente dislocati accomunati un tema, una passione o un interesse.

Ed è proprio dietro ai movimenti di massa nati per beffare le regole del mondo mainstream che il markétting delinea un nuovo target, ricollocandolo ( in quanto gruppo circo/de-scrivibile) nel luccicante mondo dei consumatori.

Ma non basta. Una volta presa confidenza con il mezzo internettante, la gente finalmente lo utilizza (che è la cosa migliore che possa accadere ad una tecnologia) e non solo per acquistare beni su e-bay ma anche per costruire relazioni, per esprimersi in modo totalmente svincolato dalla propria realtà sociale, per commerciare globalmente prodotti locali senza doversi appoggiare alle grandi distribuzioni ed il web si tramuta in social web un sistema di comunicazione sociale parallelo (ma non per questo virtuale), indipendente dal maintream, dove è possibile esprimersi in totale libertà e dove ritrovare la propria identità ed estraneità da un mondo di consumatori conformati.

Ed arriviamo ai blog. In tal senso il blog è il libero arbitrio, la finestra che apriamo al mondo verso la nostra cameretta, più o meno nascosta, è pura essenza non mediata dall'immagine personale, una piccola personale radio privata anni settanta.
E poi magari il blog è simpatico e trova consenso e ma in fondo non è questo che conta. Ciò che conta è solo esserci, esistere in quanto persone pensanti, che provano emozioni, che si esprimono e che così facendo lasciano un segno, che forse ritornano ad essere granelli di sabbia ma che interagendo con gli altri granelli di sabbia si possono riconoscere e confrontare e comprendere e possono tentare di uscire da quella matrice al contrario in cui si troviano a vivere almeno per il tempo di un post.

1) Umberto Galimberti - “Le cose dell’amore” pag 11/12

2) Vasco Rossi - “Gli Spari Sopra” - “Non Appari Mai”

11 commenti:

Anonimo ha detto...

ho l'onore e l'onere del primo commento? accidenti, proprio amme che cho le ansie da prestazione.

be ecco.
voglio dire.
uhm.

ochei, rinuncio.
lo sapevo, lo sapevo.

gicappa ha detto...

no dai! dammi un segno! cosa ne pensi?? ma davvero l'hai letto tutto???
io devo dire "lo sapevo lo sapevo"! non dovevo fare un brinstorming pubblico che poi si capisce che ragiono a tre cilindri e poi tutti scappano.

vabbé. è stato bello leggervi.

Anonimo ha detto...

quindi il mondo è diviso in chi è sociosentimentalmente affermato e in chi certifica la propria esistenza attraverso la rete? (sì, sto generalizzando)

(battute del tipo "ragiono a tre cilindri" riescono a far scappare molta più gente)

gicappa ha detto...

non la vedo come una divisione ma piuttosto come due soluzioni della stessa pulsione verso l'affermazione di esistenza sociale.
ovvio che anche questo rientra nelle generalizzazioni.

ragiono a tre cilindri non è una battuta ma un'immagine che rende l'idea delle mie extrasistole mentali (soprattutto al mattino).

Anonimo ha detto...

certo, il blog è un modo di esistere socialmente. e se non si condivide, conosce, confronta, è come non esistere. un blog senza commenti, quindi, in linea di massima non esiste.
MA hai mai notato come nella blogosfera si tenda a darsi sempre ragione: "saggie parole" o "batti il cinque!". sempre?

gicappa ha detto...

secondo me si formano gruppi faziosi che si riconoscono gli uni negli altri e fanno quadrato arrivando a sostenere tesi posizioni del cazzo anche quando sono clamorosamente false.

per i commenti no non è detto. certo l'interazione è funzionale al tentativo di esistere ma il solo atto di esprimenrsi liberamente in qualche modo ti permette di uscire dai meccanismi sociali piu' schiaccianti

Anonimo ha detto...

"secondo me si formano gruppi faziosi che si riconoscono gli uni negli altri e fanno quadrato arrivando a sostenere tesi posizioni del cazzo anche quando sono clamorosamente false."

e dove starebbe la differenza con il mondo "reale"?

gicappa ha detto...

nell'ambito delle relazioni interpersonali infatti non c'e' differenza alcuna :))) la rete è un mezzo. i meccanismi umani sono sempre gli stessi.

ghat-tak ha detto...

Hai fatto un'analisi che trovo totalmente corrispondente!
Ghat

gicappa ha detto...

e cio' mi conforta molto. :) comunque è nato tutto dagli stupendi pensieri di galimberti.
io nano lui il gigante.
:)

Anonimo ha detto...

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